Sono certo che ti sarà capitato anche a te di trovarti a non essere te stessa o te stesso in presenza di altre persone.

Magari ti è capitato in un contesto professionale dove hai dovuto “recitare” un ruolo per fare bella figura. O magari ti è capitato durante un primo appuntamento con la persona che ti piaceva. 

In entrambi i casi, avrai sperimentato delle emozioni contrastanti. Da un lato la soddisfazione di essere “accettato” dagli altri e dall’altro la frustrazione di non essere stato trasparente, di non essere stato te stesso. 

Questo mix di emozioni genera sempre un cocktail di negatività, più che di positività.

Nel momento in cui fingiamo di essere una persona che non siamo, abbiamo la consapevolezza che vivremo dei momenti di difficoltà quando si presenterà una situazione in cui non potremo fare a meno di essere realmente noi stessi.

Esiste un perché chiaro a tutto ciò ed è quello che vedremo in questo articolo.

SPONTANEITÀ

Ti reputi una persona spontanea?

La prima considerazione da fare e se, nelle nostre relazioni, abbiamo la tendenza ad allontanarci da situazioni in cui potremmo essere realmente noi stessi. 

Tentare la fuga o anche solo sentirsi a disagio, sono campanelli d’allarme.

Magari in casa nostra siamo molto cordiali o ironici. Facciamo degli scherzi ai nostri fratelli o alle nostre sorelle. Siamo affettuosi con i nostri genitori o magari al contrario. Esistono numerosi altri esempi.

Poi, quando usciamo, tutto si capovolge. 

Se in casa siamo molto ironici, fuori cerchiamo di contenerci. Oppure siamo molto aperti e cordiali, mentre fuori ci chiudiamo e manteniamo le distanze. 

Perché accade tutto ciò?

È sufficiente farsi una sola domanda: hai fede nella tua spontaneità?

Pensando a fondo alla risposta arriveremo alla risoluzione del problema. Quando rinunciamo a un nostro modo di essere solo perché siamo inseriti in un contesto collettivo non familiare, emerge un deficit.

Ci ritroviamo di fronte a una mancanza di fiducia nella nostra spontaneità. Non ci fidiamo di noi stessi. 

Ci comportiamo in questo modo perché il nostro focus non è rivolto a noi stessi come parte di una comunità ma è rivolto a noi stessi come centro del mondo. 

In pratica, poniamo prioritario un forte interesse personale a discapito dell’interesse collettivo.

Rendiamola più semplice. Modifichiamo il nostro comportamento perché, egocentricamente, abbiamo la necessità di farci accettare dalla comunità in cui siamo immersi. 

Non sopportiamo l’idea che qualcuno possa giudicarci per il nostro reale modo di essere. 

Preferiamo indossare maschere che coprano la nostra spontaneità. Sarà molto più semplice cambiare maschera nel momento in cui capiamo che la comunità in cui viviamo non sta accettando il nostro modo di fare o di essere. 

Sarebbe molto più difficile, invece, cambiare noi stessi nel momento in cui il giudizio viene rivolto alla nostra reale persona.


Insomma, accettiamo con leggerezza il peggiore dei compromessi: preferiamo vivere una vita di menzogne piuttosto che accogliere la nostra spontaneità.

AUTOAFFERMAZIONE

Quando pensiamo a come migliorare una qualsiasi cosa, il nostro istinto si rifugia spesso in esclamazioni del tipo: “ho le capacità per farcela”, “sono bravo” oppure “devo migliorare”.

Si tratta di suggerimenti che ci offriamo da soli. 

Spesso accade di ripeterceli con convinzione anche quando sappiamo perfettamente che non riusciremo a soddisfare i nostri desideri. Magari perché sono semplicemente situazioni fuori dalla nostra portata.

 

Questa condizione causa spesso un complesso di superiorità deleterio. Rappresenta un enorme bugia che ci raccontiamo da soli

Si tratta di una tendenza che porterà solo a frustrazione e disagio perché, purtroppo, non raggiungeremo mai un grado di soddisfazione tale da renderci sereni.

E allora proviamo a rincorrere parole di conforto e stimolo da parte di persone che difficilmente ci diranno “no, non sei in grado”. E ci sentiremo meglio, magari ci diremo a noi stessi: “ecco, te l’avevo detto che ho le capacità per farcela”.

Ma, ancora una volta, abbiamo preferito una soluzione di menzogna piuttosto che affrontare onestamente la realtà.

E così, sentiremo sempre il bisogno di ottenere valorizzazione dal giudizio altrui. 

Nel momento in cui le nostre aspettative vengono disattese da un sostegno motivazionale non ottenuto, sperimenteremo un pesante down che ci causerà una forma di “dipendenza” dal giudizio delle altre persone. 

Proveremo a cercare qualcun altro che possa garantirci la risposta che vogliamo sentirci dire.

Questo comportamento mette in pausa la nostra vita occultando la realtà piuttosto che accettandola e comportarsi di conseguenza.

AUTOACCETTAZIONE

Accettare le proprie incapacità consente, al contrario, una convivenza pacifica e rilassata con le aspettative.

Semplicemente non mentiremo a noi stessi. 

Non disperderemo neanche energie a ricercare persone dalla risposta che le nostre orecchie vorrebbero sentire. 

Con l’autoaccettazione accogliamo i limiti e individuiamo alternative che possano elevare la nostra soddisfazione.

Avere limiti non significa per forza vivere una vita, o delle situazioni, negative o di disagio.

Non significa accettare di farsi travolgere da circostanze che non vanno o da competenze personali e professionali lacunose.

Significa essere consapevoli di noi stessi e di tutte quelle caratteristiche che ci costituiscono come essere.

I limiti vengono spesso dipinti come un male. Ma non è la verità. 

Il limite è parte del “tutto” in cui viviamo e va accettato, così come accettiamo di essere alti 170cm o 195cm. Non possiamo farci nulla, non tutto è sotto il nostro controllo.

E l’autoaccettazione ci permette di raggiungere l’equilibrio interiore per vivere sereni.

SIAMO AUTOSABOTATORI

Quante volte vi è capitato di conoscere una persona che, apparentemente sembrava forte e sicura di sé e poi scoprendola ha lasciato intravedere tutte le sue debolezze?

Molte volte. A me personalmente è capitato spesso. 

In questo caso, stiamo parlando della capacità che ognuno di noi possiede nel creare una percezione di sé verso gli altri più o meno considerevole. 

C’è chi è capace di emergere come una persona sicura, capace e competente e chi invece fatica a farlo. 

Quest’ultimi trovano difficoltà principalmente per due motivi:

  1. non hanno sviluppato una competenza globale a livello relazionale (o professionale nel contesto lavorativo) tale da apparire come vorrebbero
  2. sono i principali sabotatori di sé stessi

Nel primo caso, è solo questione di focalizzazione in quello che si fa e tempo nel costruirsi un’immagine di sé in linea con quanto desiderano.

Nel secondo caso, invece, il problema è maggiormente intricato. 

Queste persone, come d’altronde tutti a livelli differenti, vivono un “chiacchiericcio mentale” nella loro testa che rappresenta l’elemento di influenza negativa

Quando accade di affrontare una qualsiasi sfida della vita, personale o professionale, esplode un’intensa conversazione interiore in cui la mente tende a deprimere l’entusiasmo e la creatività utili per risolvere il problema

Farsi trascinare da questo flusso può diventare pericoloso.

LA FORMULA RISOLUTRICE

Abbiamo capito quali sono le cause che ci spingono a indossare maschere in varie occasioni. 

Non accettiamo di essere giudicati personalmente, perché la nostra reale persona è l’unica maschera che non possiamo sostituire

Spesso ci raccontiamo bugie pur di essere accettati nella nostra comunità. Non ci fidiamo della nostra spontaneità.

Ma abbiamo capito anche che, dobbiamo avere la forza di controllare il nostro “chiacchiericcio mentale” veicolandolo verso l’autoaccettazione.

In questo modo, ci garantiremo un livello superiore di serenità ed equilibrio.  

Luigi.