Erano tempi bui. 

Bui si fa per dire. Non penso che a nessuno di noi mancasse nulla dalla vita, perlopiù eravamo dei ragazzini senza troppi pensieri e liberi di godersi quel che avevamo.

Eppure la scuola era pesante mentre noi pensavamo solo alle cose che più ci appassionavano e ci facevano stare bene.

Forse è questo che rende felici i bambini: la spensierata libertà.

Gli anni però passano. I bambini crescono. E tutto ciò che di felice possiedono viene avvolto da una coperta. Una coperta di quelle pesanti, quelle per l’inverno più rigido. Una coperta fatta di doveri, di sacrifici, di lavoro e di miserabili piccole ricompense. 

L’atto dello sforzo è immane, mentre l’esaltazione del successo è di grande intensità, ma di brevissima durata. 

E quindi giù, di nuovo a lavorare duramente per ottenere un altro piccolo e circoscritto obiettivo. Come se fossimo tutti intrappolati in una ruota del criceto. 

Una maledetta ruota del criceto.

E in questa condizione, spesso, anche le relazioni ne risentono. Ognuno intraprende un percorso diverso, una vita nuova in cui i precedenti rapporti rischiano di non avere più spazio. 

QUASI PERSI PER SEMPRE

Quante risate insieme. 

Io e Stefano passammo degli anni incredibili come compagni di classe e amici. Se volessi salvare nella mia mente un’immagine, probabilmente eravamo noi due che provavamo, senza riuscirci, a trattenere le risate in classe durante la lezione.

Quante volte fummo interrogati proprio per questa nostra abitudine. 

Ma avevamo già capito una cosa: eravamo capaci di ridere di gusto e di goderci le piccole cose. 

Poi i tre anni di medie finirono.

Ci sentivamo spesso per gli auguri di compleanno o di Natale. Ma, oltre a questi contatti tramite semplici messaggi, ci fu un incomprensibile vuoto. 

Era pazzesco come, seppur ci fosse stato un rapporto stretto di amicizia, fu sufficiente una scelta di scuola superiore differente per disperdere completamente la relazione. 

Io avevo intenzione di iscrivermi all’Università e, per questo motivo, avevo iniziato a lavorare per pagarmi gli studi. 

Proprio da quel lavoro, che rappresentava un vero e proprio sacrificio e che non era affatto ciò che mi piaceva fare, nacque l’occasione per rivedermi con Stefano. 

“Ciao Gonne” così lo chiamavo “Domani dovrei fare una partita di calcio contro la squadra di un mio collega. Ti andrebbe di giocare?”

Ricordavo la sua passione per il calcio, esattamente come la mia. Accettò l’invito non senza numerose incertezze fino all’ultimo istante.

Arrivò il giorno della gara e, guarda un po’, era prevista grandine. Rischiava di saltare tutto e, invece, alla fine giocammo.

In quello stesso periodo, stavo organizzando le vacanze estive con altri amici. Mi venne in mente di invitare anche lui. Lo feci d’istinto, senza pensare troppo al fatto che sarebbe potuto apparire un po’ invadente quel piombare dal nulla nella vita di qualcun altro, anche se era un vecchio amico.

Ma era come se la pausa di tanti anni non ci fosse mai stata. Mi sentivo in confidenza esattamente come ai tempi della scuola. 

Non era facile organizzare gli impegni di entrambi. 

Inoltre, vivevo un conflitto: 

avevo, a tratti, una forte volontà di partire per un viaggio, e a tratti mi sentivo frenato nell’organizzarlo.

SI PARTE IN TRE

Era già luglio. 

Il tempo stringeva e non ero più convinto del tutto di riuscire a organizzare il viaggio. Non sapevamo neanche dove andare. 

Proprio in quei giorni mi telefonò Gonne.

“Ti ricordi di Stefano Motta?” me lo ricordavo, anche se non l’avevo conosciuto a fondo in passato. 

“Con lui dovevo andare in Puglia ma è saltato il viaggio quindi pensavo che potremmo fare qualcosa tutti insieme, che ne dici?”

Mi sembrava una buona idea.

“E pensavamo a Valencia, tu l’hai mai vista?”

A quella domanda risposi con incertezza. Un’incertezza dovuta, non alla conoscenza della risposta (sapevo di non aver mai visto quella città), bensì all’idea di andare a Valencia, di cui non sapevo nulla né mi entusiasmava più di tanto. 

Per un istante pensai: ora gli rispondo “no, non l’ho mai vista” e lui me la propone. Non so perché ma mi aspettavo un viaggio in una grande capitale europea.

Alla fine gli risposi: “no, mai vista”. E lui puntualissimo: “e se andassimo proprio a Valencia?“.

Osservai tutte le recensioni possibili e immaginabili e non c’erano feedback negativi sulla città. Sembrava carina. 

Appunto, carina. Io volevo qualcosa di straordinario, non di carino. Ma proseguii.

Velocemente trovammo l’offerta giusta e prenotammo. Era tutto pronto.

Non parlerò qui della visita di Valencia, mi limito soltanto a dire che fu lo scenario perfetto per l’inizio di qualcosa di molto grande. Una cittadina estremamente accogliente, moderna e a misura d’uomo. Stupenda!

PUO’ UN’AMICIZIA CAMBIARTI LA VITA?

Risate, battute, scelte, incontri, scontri, suoni, sapori, odori, calore, persone, pazzie.

Tutto straordinario, sbalorditivo, che se avessi deciso di scrivere un libro prima di vivere questa avventura non avrei mai immaginato una trama così ricca e attraente, che riempie cuore, mente e anima.

Ritrovarsi per puro caso dopo essersi persi quasi per sempre. Fare un viaggio insieme, sperimentare emozioni profonde. 

Essere così diversi eppure così compatibili

La storia iniziò in quel lontano 2015. Da quel momento, il potentissimo strumento del viaggio ci regalò esperienze dal valore inestimabile. Abbiamo esplorato luoghi unici, conosciuto tanta gente interessante, assaporato lentamente ogni istante di libertà che solo muovendoti per il mondo puoi catturare

A volte penso a quanto sia riduttivo tentare di utilizzare le parole da me conosciute per spiegare il valore della relazione di amicizia che mi lega a loro. 

Ma, forse, dovrei accettare il fatto che se non posso spiegarlo, dovrei semplicemente dedicarmi a viverlo

COMPAGNI DI VIAGGIO O COMPAGNI DI VITA

La storia prosegue ancora oggi, dopo 8 anni e tanti viaggi insieme.

E non è solo questione di prendere una valigia e girare il mondo. Siamo legati da un rapporto che ci definisce come compagni di vita

L’amicizia è un termine a volte abusato, utilizzato anche a definire semplici conoscenti. 

Ma il valore che la identifica è di caratura più elevata. È un dono unico che si palesa, il più delle volte, nelle relazioni con una o due persone nell’arco di un’intera vita.

Spesso c’è chi non lo sperimenta mai.

È quel sentimento di connessione profonda con un’altra persona che garantisce l’equilibrio nella vita di entrambi. 

Io, Gonne e Ste siamo semplicemente tre ragazzi molto diversi tra loro, con percorsi completamente differenti ma che si sono ritrovati esattamente nel fulcro di una bilancia.

Abbiamo costruito un nostro prezioso ecosistema, che difendiamo gelosamente. Sui piatti della bilancia consentiamo l’ingresso degli eventi delle nostre vite ma tuteliamo in ogni modo l’equilibrio globale. 

Puntualmente, qualcuno di noi affronta i normali problemi che tutti gli esseri umani hanno. A volte sono anche situazioni dure da superare, ma il solo ricordo di possedere un porto sicuro crea energia nuova.

In maniera naturale, si corre a supportare l’altro. Lo si fa con concretezza, schiettezza e vicinanza costante.

È un’amicizia proattiva, non passiva. Un’amicizia in cui non ci si dice quanto ci si vuole bene, ma i gesti lo raccontano. 

Le emozioni lo raccontano. 

Auguro anche a te di avere almeno un’amicizia del genere.

Luigi.

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