Avevo bisogno di quel lavoro. Mia moglie non lavorava, i bambini erano troppo piccoli e, già da qualche mese, i miei soldi non bastavano più. 

Certo, significava sacrificare parte della mia vita. Quella parte che amo di più: la mia famiglia.

Ero stato chiamato a salire a bordo della Horizon Marine, una nave gigantesca che da anni operava negli oceani in giro per il mondo. 

Avrei vissuto un anno a bordo, dormendo in una minuscola cabina dotata di un lettino e un piccolo comodino e condividendo i bagni con altri innumerevoli operai. 

Solo la condizione economica mi convinceva. Avrebbe aiutato la mia famiglia a vivere bene negli anni successivi.

Ero tormentato. Da una parte la necessità di soldi e dall’altra il ricordo dell’ultima esperienza simile a bordo di una nave. Un vero incubo per condizioni igieniche e di sicurezza. 

Potevo scegliere di rifiutare questa nuova opportunità ripensando alla mia precedente esperienza. Spesso mi sentivo attratto come un metallo dalla calamita del passato. E mi accorsi che era esattamente la storia della mia vita. 

Non facevo altro che pensare e ripensare al mio trascorso ritrovandomi sempre nelle stesse situazioni. Come se l’atto del pensarci portasse con sé le medesime condizioni spiacevoli che tanto scongiuravo.

Ma quel giorno, anzi, quell’esatto momento era quello giusto per fare delle scelte, per vivere. Il passato voleva trattenermi, il futuro mi angosciava e, nel frattempo, il presente mi sfuggiva.

Accettai. Ero diventato parte dell’equipaggio di macchina.

LA VITA IN PAUSA vs ESSERE PRESENTI

Mi voltai, lasciandomi alle spalle i volti coperti di lacrime dei miei figli e di mia moglie. Trattenni il respiro per non crollare anch’io. Ci saremmo rivisti un anno dopo. 

Nel giro di circa una mezz’ora, la nave aveva già preso il largo. 

Pensavo intensamente. Aver lasciato a terra l’unica cosa davvero importante per me, era come se avesse congelato il tempo. Come se non trascorresse più. 

L’idea che avrei potuto riabbracciarli dopo molto tempo mi stava logorando. Eppure avrei dovuto reagire. Ma come?

Era giusto decidere di mettere in pausa la mia vita nell’attesa di quell’evento tanto sperato?

Il desiderio di tornare da loro non stava facendo altro che allontanarmi dal mio presente. E pensai che solo concentrandomi su ciò avrei dovuto vivere a bordo, avrei potuto assaporare felicità. Una felicità diversa certo, ma pur sempre uno stato d’animo positivo. 

IL MOMENTO 

I fumi delle macchine avvolgevano me e i miei compagni mentre eseguivamo la manutenzione giornaliera. 

Eravamo al largo delle Azzorre, in pieno Oceano Atlantico. A tratti sembrava che quelle acque, dal blu denso, volessero inghiottirci. 

Non credevo che una persona come me, senza un particolare percorso formativo, senza un’ampia cultura e senza entusiasmanti esperienze passate potesse trovare la forza di lanciarsi in una sfida come quella, su un’imbarcazione in balia delle onde. 

Avevo vissuto i miei precedenti 45 anni con la convinzione che la vita è una lunga scalata verso un traguardo posto lassù, in alto. Era ciò che avevo ereditato dalla cultura dei miei genitori e loro, allo stesso modo, dai miei nonni. 

La vita può apparire come un viaggio o una storia. Potrebbe sembrare un flusso più o meno lineare. 

Ma forse non è meglio considerarla come una serie di puntini? Una serie di momenti?

Il momento rappresenta il presente ed è l’unico istante che possiamo vivere, l’unico istante in cui possiamo agire, emozionarci e sentirci vivi. 

Ogni novità a bordo mi scuoteva. Ogni emergenza, ogni volta che qualcuno si sentiva male, ogni volta in cui era prevista una tempesta.

E tutti quei momenti, o meglio, tutti quei puntini estinguevano il mio disordine mentale. Dovermi confrontarmi con essi, significava essere costretto a vivere con pienezza il presente. 

Concentrazione e dedizione massima, senza espressione di giudizio

PETER E IL RESPIRO COSCIENTE

Mi trovavo nella mensa per la mia consueta ora di pausa. 

“Ragazzo, come va la tua prima avventura sulla Horizon Marine?” 

Era Peter, uno degli operai più estroversi e simpatici a bordo, nonché uno dei più esperti. Era la sua dodicesima traversata atlantica. 

“Molto bene, anche se in alcuni momenti non è facile rilassarsi e smettere di pensare troppo.”

“Ti capisco, ho impiegato quattro o forse cinque anni per gestire questo stato d’animo qui a bordo. Ti do un consiglio. Hai mai sentito parlare del respiro cosciente?”

“No, mai.”

“Io lo pratico almeno un paio di volte al giorno. Mi ha cambiato la vita dentro questa scatola galleggiante. Il pensare troppo è dovuto a una sorta di contaminazione che abbiamo dal passato e dal futuro e in un ambiente così isolato, come quello in cui siamo noi, emerge ancora più violentemente.

Sono due momenti che non possiamo controllare. Ma spesso non è facile restare fissi con la mente nel presente. Io utilizzo il respiro cosciente. Quando sono impegnato ad accogliere l’ossigeno nei miei polmoni, non ho tempo per pensare ad altro. 

La tua famiglia è sulla terraferma e non puoi controllare le loro azioni. È inutile pensare di poterli aiutare in caso di necessità perché ora sei qui. Se ti occupi, ogni tanto durante il giorno, di sentire l’ossigeno entrare nei tuoi polmoni, abituerai la tua mente a non andare dove le pare e piace. Sarai tu, con il tempo e con la pratica, a comandarla al meglio. Esattamente come fa Thomas lassù, con quel grosso timone controlla uno mezzo gigantesco come la nostra nave.

Tu, allo stesso modo, potrai controllare con la pratica del respiro cosciente quel grosso strumento che hai dentro il tuo cranio. 

Non permettere a quella parte della tua mente che non ti rappresenta di sottrarti energie mentali su cose che non puoi controllare. Utilizzale, invece, per fare del tuo meglio nell’istante presente. Quindi mangia che si raffredda.”

Era un lezione potente quella di Peter. Mi aveva confermato quanto già avevo pensato qualche settimana prima. 

Non dovevo mettere in pausa la mia vita. Non dovevo spegnere quell’entusiasmo di vivere.

L’attesa è quello stato mentale che rifiuta di vivere il presente con l’ambizione di giungere presto al futuro. La riconoscenza che hai per il presente è la vera prosperità della vita.

Quella del respiro cosciente era un pratica capace di rendermi vivo, presente e soddisfatto.

EQUILIBRIO

Quella pratica mi aveva completamente cambiato la vita a bordo. Mi era sufficiente dedicarmi a essa un paio di volte al giorno e tutto sembrava più bello e sereno. Mi sentivo in equilibrio.

Ma Peter non aveva terminato di illuminarmi con i suoi pensieri di viaggio.

“Sono contento che sia stato d’aiuto. Se solo l’avessi scoperto anch’io un pò prima, non avrei vissuto anni angoscianti su questa nave.”

“Che ti è successo Peter?”

“Be, diciamo che pensare troppo ti rovina la vita. È come se ti rinchiudessi nella tua stessa mente. La tua vita diventa opprimente perché vissuta all’interno di mura troppo strette.

E questo si ripercuote su di te ma non solo. Anche sulle persone che hai attorno. I tuoi compagni, la tua famiglia e i tuoi amici quando torni sulla terraferma. Io persi tutto. Tornai a casa dopo i miei primi viaggi che ero una persona irriconoscibile. Ben presto, mia moglie mi abbandonò, i miei amici si allontanarono e dovetti ripartire da capo. 

E sai di cosa mi accorsi?”

“Di cosa?”

“Che quel mio cambiamento era frutto dei miei pensieri negativi. Tutte quelle storielle di negatività, terrore e pessimismo che vengono raccontate dalle televisioni, dai giornali e dai media per fare più ascolti  e che molte persone amano alimentare e diffondere. Tutto quello schifo. 

Tu alla fine ti immedesimi e credi di essere parte di quegli scenari orribili, non avendo più la capacità di pensare positivamente.

E dimentichi una cosa fondamentale: che tu non sei solo una scatoletta cranica capace di pensare. Hai un’anima e un corpo che sono importanti quanto la tua mente. 

E queste tre componenti vanno alimentate da positività, leggerezza e amore. 

Alla fine ho capito che tutto si racchiudeva in una sola parola: equilibrio. Senza eccessi non esiste sofferenza nella mente, nel corpo e nell’anima.

Luigi

4 risposte

  1. Non ho mai vissuto in mare, ma mi è stato raccontato
    Ho vissuto però l’altra parte della medaglia, l’attesa, la lontananza, la preoccupazione e il distacco
    Il mare può darti tanto, ma può toglierti tanto ed è vero che ti cambia
    Bellissimo racconto e bellissima lezione di vita che dovremmo sempre ricordare

    1. Grazie Alessia!
      Per quanto siano lezioni di vita di cui siamo consapevoli, spesso non è facile ricordarle nei momenti del bisogno. Essere presenti è un compito molto complesso nelle nostre vite.
      Mi fa piacere che tu abbia apprezzato il racconto.
      Un forte abbraccio.

    1. Grazie Jacopo!
      Credo che le due cose siano spesso sinonimi.
      Quando si è consapevoli del presente, si è capaci di raggiungere un maggiore equilibrio.
      Quando lasciamo sfuggire il presente, ecco che si presenta un disequilibrio.

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